31 gennaio, 2012

Le idi di Marzo


Trama:
Il film racconta gli ultimi frenetici giorni della corsa per le primarie in Ohio, in cui un giovane addetto stampa viene coinvolto in uno scandalo politico che minaccia di compromettere la campagna elettorale, e finisce invischiato in una rete di intrighi, pericolose manipolazioni di veterani della casta e sedotto da una stagista. Il film è un’intensa storia di sesso, ambizione, lealtà, tradimento e vendetta, ambientato nel contesto del potere e della politica del mondo di oggi.

Scheda:
Titolo originale: The Ides of March
Nazione: U.S.A.
Anno: 2011
Genere: Drammatico
Durata: 98'
Regia: George Clooney
Sito ufficiale: www.theidesofmarch.com
Sito italiano: www.ididimarzoilfilm.it
Cast: George Clooney, Ryan Gosling, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Jeffrey Wright, Max Minghella, Danny Mooney, Lauren Mae Shafer, Wendy Aaron, Hayley Madison
Produzione: Cross Creek Pictures, Exclusive Media Group, Smoke House
Distribuzione: 01 Distribution

Orari:
Sabato 
 04 feb
 21,15
Domenica 
 05 feb
 21,15
Lunedì
06 feb
21,15
Recensione:
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1695]

Si combatte all’ultimo comizio, intervista, colpo basso per avere ogni voto, nelle primarie democratiche nell’Ohio. In palio, la candidatura alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Michael Morris è brillante, bello, agnostico, spregiudicato, progressista (a favore delle unioni gay, in difesa dell’ambiente, contro la guerra e le spese militari); dice sempre la cosa “giusta”, quella che il suo elettorato moderno vuol sentirsi dire. E lo dice con grande convinzione e fascino. Il suo rivale è ben più grigio, forse “bigotto”. Ma la vittoria nel decisivo Ohio non è sicura. Un potente senatore di colore minaccia di vendere il suo appoggio (e i suoi 300 preziosi delegati) al migliore offerente, in cambio di un importante posto nel futuro governo. Ovviamente, l’onesto Morris rifiuta ogni compromesso proposto dai suoi collaboratori, in prima fila lo stratega Paul Zara, navigato e cinico, e l’addetto stampa Stephen Myers, dai cui occhi idealisti vediamo scorrere gli eventi. Per Steven, Morris è la persona giusta, anzi l’unica possibile, per cambiare l’America e il mondo. Ha ragione lui o è un illuso, come gli dice con perfidia l’intrigante giornalista Ida Horowicz (“credi che lui cambierà le cose?”). Intanto in Steven si imbatte una bella e giovane stagista, che avrà un ruolo determinante nello scatenare eventi a catena, oltre al diabolico invito a un’innocente chiacchierata del capo dello staff del rivale…
Un film politico con colpi di scena da thriller, di cui è bene sapere meno possibile prima di vedere il film, o un thriller politico? Le idi di marzo, tratto dall’opera teatrale Farragut North di Beau Willimon, è stato concepito in epoca pre Obama; George Clooney, che ne è regista e cosceneggiatore oltre che interprete nei panni dell’affascinante candidato alla presidenza (con la stessa generosità del suo precedente Good night and good luck di dare spazio a colleghi bravissimi e di ritagliarsi un ruolo decisivo ma secondario), lo stoppò quando Barack Obama, da lui sostenuto con convinzione, iniziò la sua folgorante corsa verso la Casa Bianca, per non appesantire di cinismo quel periodo di speranza. Ora, sempre convinto obamaniano ma forse in parte deluso per le speranze di cambiamento frustrate, torna a quel testo con un film amaro che non può non far pensare ai sostenitori dell’attuale presidente e alle ingenuità che circondarono la sua “epifania” politica (i manifesti di Morris hanno lo stesso taglio grafico-estetico di quelli ideati all’epoca per Obama). Non sembra tanto un j’accuse demagogico sull’equiparazioni di ogni posizione politica verso il basso (anche se tutti danno il loro peggio), quanto una sofferta e matura consapevolezza di cosa possa diventare la politica, tra tradimenti (da cui il titolo) e sottigliezze luciferine.
La corsa alle elezioni è svelata in tutte le sue nefandezze, e pensare che un solo uomo possa cambiare le cose – in forza di ideali che possono spesso lasciare il posto a biechi calcoli e interessi – è una pericolosa utopia. Pericolosa per chi ci lascia le penne e per chi finisce per vendere l’anima al diavolo, perdendo le speranze con cui si era speso generosamente al servizio di una causa. Non tanto nobile come veniva dipinta.
Ma tutto ciò servirebbe solo a concepire un pamphlet pessimista, ma poco appassionante per lo spettatore, se non fosse rivestito di tutta la qualità cinematografica possibile. La sceneggiatura, scritta Clooney con Grant Heslov (già regista del film L’uomo che fissa le capre), è ricca di dialoghi fulminanti e situazioni illuminanti (in alcune sequenze la lotta politica viene descritta con scene da mafia movie: come la resa dei conti finale nel retro di un bar e un licenziamento in un’auto ferma in un vicolo), la regia è attraente e cattura l’attenzione per tutta la durata del film (che vorremmo non finisse mai), gli attori sono quanto di meglio si possa trovare oggi nel cinema americano. Se Clooney è ben di più del divo inseguito dai rotocalchi ma un attore di classe sconfinata, il giovane Ryan Gosling apprezzato nel recente Drive (ma anche in The Believer, Lars e una ragazza tutta sua e Le pagine della nostra vita) conferma la sua enorme bravura; mentre in ruoli di supporto abbiamo giganti come Philip Seymour Hoffmann, Paul Giamatti e Marisa Tomei (ma anche Evan Rachel Wood se la cava bene). Dopo aver inaugurato la Mostra di Venezia 2011, dai Golden Globes parte la sua corsa ai premi principali. Li vinca o meno, è sicuramente uno dei film americani dell’anno.

Antonio Autieri

Alvin Superstar 3 - Si salvi chi puó!


Trama:
In questo terzo episodio vedremo i Chipmunks impegnati in un'avventura grandiosa e spettacolare. I Chipmunks e le Chipettes trasformano una lussuosa nave da crociera in una personale area giochi, fino al momento in cui non vengono catapultati fuori bordo e approdano su un'isola deserta. Mentre i sei scoiattoli studiano un modo per riuscire a tornare a casa, scoprono che il loro approdo non é poi cosí deserto come sembra.

Scheda:

Titolo originale: Alvin and the Chipmunks: Chip-Wrecked
Nazione: U.S.A.
Anno: 2011
Genere: Animazione
Durata: 87'
Regia: Mike Mitchell
Sito ufficiale: www.chipmunks.com
Sito italiano: http://microsites3.foxinternational.com/...

Cast (voci): Anna Faris, Justin Long, Matthew Gray Gubler, Christina Applegate, Amy Poehler, Jesse McCartney
Cast: Alyssa Milano, Jason Lee, David Cross, Jenny Slate, Andy Buckley, Tucker Albrizzi
Produzione: Bagdasarian Productions, Fox 2000 Pictures, Regency Enterprises, TCF Vancouver Productions
Distribuzione: 20th Century Fox

Orari:


Domenica 
 05 feb
 17,30







24 gennaio, 2012

J. Edgar


Trama:
J. Edgar Hoover durante la sua vita divenne l’uomo più potente di tutta l’America. Come capo dell’FBI per circa 50 anni, non si fermò davanti a nulla pur di proteggere il suo Paese. Passando attraverso 8 Presidenti e tre guerre, Hoover si è lanciato in una guerra contro minacce sia vere che immaginarie, infrangendo spesso anche le regole per proteggere i suoi concittadini. I suoi metodi erano spietati ed eroici e ricevere l’ammirazione del mondo era quello a cui teneva di più. Hoover è stato un uomo che dava grande valore ai segreti - in particolare a quelli degli altri - e non ha avuto paura di usare quelle informazioni per esercitare la sua autorità sui leader più importanti della nazione.
Consapevole che la conoscenza è potere e che la paura crea le opportunità, ha usato entrambe per ottenere una influenza senza precedenti e per costruirsi una reputazione formidabile ed intoccabile. Era molto schivo nella sua vita privata quanto in quella pubblica, permettendo solo ad un ristretto gruppo di persone di far parte della sua vita. Il suo collaboratore più stretto, Clyde Tolson, era anche uno dei suoi amici più cari. La sua segretaria, Helen Gandy, che probabilmente è stata la persona a lui più vicina e al corrente di tutte le sue attività, gli è rimasta fedele fino alla fine…e oltre. Solo la madre lo lascerà, lei che era stata la più grande ispirazione e coscienza. La sua morte avrà un effetto devastante su di lui, il figlio che ha cercato eternamente il suo amore e la sua approvazione.

Scheda:
Titolo originale: J. Edgar
Nazione: U.S.A.
Anno: 2012
Genere: Drammatico
Durata: 137'
Regia: Clint Eastwood
Sito ufficiale: http://jedgarmovie.warnerbros.com
Sito italiano: http://wwws.warnerbros.it/hoover/index.html
Cast: Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Damon Herriman
Produzione: Imagine Entertainment, Malpaso Productions, Wintergreen Productions
Distribuzione: Warner Bros.

Orari:
Sabato 
 28 gen
 21,15
Domenica 
 29 gen
 18,00 - 21,15
Lunedì
30 gen
21,15

Recensione
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1707]

Assomiglia molto a The Aviator il capolavoro mancato di Martin Scorsese, J. Edgar, il capolavoro mancato di Clint Eastwood. Stesse alte ambizioni, quelle di raccontare un'epoca nel cono d'ombra di un personaggio, stessa cura dei dettagli, stesso perfezionismo scenico, stesso coltissimo gusto cinefilo, un superbo cast d'attori. E stessi problemi: troppo materiale da utilizzare, una narrazione non sempre equilibrata e, nel caso di J. Edgar, una mancanza di pathos e una sceneggiatura che non decide su cosa puntare. C'è da dire che il progetto in cui l'ottantunenne regista californiano si era imbarcato era uno di quelli quasi impossibili: il biopic di un vero e proprio dominus della vita politica e civile di quasi cinquant'anni d'America, John Edgar Hoover, l'ambiguo e leggendario inventore dell'FBI che prestò servizio sotto otto presidenti americani. Una figura a metà tra leggenda e storia, problematico nella vita privata e nelle relazioni sociali (simile anche in questo al carismatico e folle Howard Hughes di The Aviator). Progetto difficile per l'antipatia e il mistero che ha sempre circondato Hoover e il suo lavoro. Eastwood si avvicina al personaggio secondo le regole stilistiche e narrative del biopic tradizionale: la voce fuori campo di Hoover alle prese con la dettatura della propria biografia ufficiale commenta e rievoca le vicende, le amplifica, ci fantastica anche un po' su. Insomma, costruisce intorno a sé un alone di leggenda che era tipico del personaggio e che Eastwood sfrutta per avvicinarsi ai toni di uno dei western che ama di più: il crepuscolare L'uomo che uccise Liberty Valance con cui John Ford rievocava, mitizzandola, l'epopea della Frontiera. Non è il solo riferimento cinefilo in un film colto: la splendida fotografia di Tom Stern rievoca la stagione del noir, e non mancano reminiscenze dai grandi film interpretati da James Cagney, tra cui il memorabile Nemico pubblico di Wellman. 
La nota dolente sta nella sceneggiatura di Dustin Lance Black (già premio Oscar per Milk) che non è equilibrata. Non lo è da un punto di vista narrativo, con troppi flashback intersecantisi e con la scelta, assai discutibile, di tenere come filo rosso la voce guida del vecchio Hoover che appesantisce la narrazione. La gestione dei registri è un po' faticosa: il tono si fa troppo melodrammatico quando la macchina da presa stringe sull'omosessualità più o meno accettata dal protagonista (e scade nella scena madre quando a Hoover si mette in bocca una frase di Oscar Wilde) e invece diventa freddo e didascalico quando si indaga sul torbido e sulle ossessioni che agitavano il cuore del vecchio uomo di potere. Si giustappongono molte situazioni intriganti e intricate, senza un reale approfondimento e senza una reale scelta: la politica americana innanzitutto, con lo scandalo Kennedy, il rapporto con Bob Kennedy, l'autentica ossessione contro Martin Luther King, l'attentato di Dallas fino alla presa del potere da parte di Richard Nixon. E' un peccato, anche della regia che non riesce a infondere nello spettatore un minimo di passione per il personaggio e nemmeno riesce a trasmettere quella commozione autentica di fronte alla caduta dell'innocente di cui Clint è maestro (come mostra bene l'inserto lungo del rapimento Lindbergh e il suo epilogo tragico). Tutto è detto e detto con cura ed eleganza: il rapporto ambiguo con la madre (un'ottima Judi Dench), la relazione di Hoover con la sua segretaria, i pranzi e le cene ricorrenti, le vacanze insieme all'amico e amante Clyde Tolson (interpretato dal giovane Armie Hammer, il migliore del cast, più di Di Caprio, danneggiato dal doppiaggio italiano). Tutto è al posto giusto ma tutto è purtroppo ingessato: l'amore gay di Hoover non si sfila dal cliché di tanti film del genere e nella sequenza centrale, quella in hotel, si sfiora il patetismo e si è ben lontani dalla gestione discreta degli affetti che Cint è stato capace di tratteggiare ne I ponti di Madison County; il racconto delle ambizioni viscerali di Hoover, l'invenzione del metodo scientifico dell'indagine e al tempo stesso la spettacolarizzazione degli arresti sono eventi giustapposti, lasciati alla curiosità e all'attenzione dello spettatore, ma non sono lo spunto per un racconto nel profondo di un uomo ambiguo e coraggioso, solo e popolare, in lotta più che con i comunisti, i criminali e i politici, con se stesso. Tutto è al posto giusto, come quei soprammobili quelle statue e quelle fotografie nel finale in quella che forse la sequenza più bella del film, un'altra citazione elegante del biopic per eccellenza, Quarto potere, e che forse condensa il senso ultimo di un film irrisolto: più che l'amore, le gesta e il potere poté la morte, vera se non unica protagonista degli ultimi film del grande Clint.

Simone Fortunato




17 gennaio, 2012

Il figlio di Babbo Natale


Trama:
La commedia d'animazione per la famiglia in 3D-CG Il figlio di Babbo Natale svela l'arcano mistero che si nasconde dietro alla domanda fatidica posta da tutti i bambini del mondo: "Come fa Babbo Natale a recapitare tutti i regali in un'unica notte?" La risposta è semplice: grazie alle straordinarie officine ultra-high-tech nascoste nel sottosuolo del Polo Nord.
Al centro del film, una storia intrisa dei tipici ingredienti di un classico film natalizio: una famiglia in un (comico) stato di 'anomalia disfunzionale' ed un eroe sui generis, Arthur.
Quando durante la sua straordinaria missione notturna, Babbo Natale dimentica il regalo di uno dei suoi milioni di bambini, il giovane Arthur, l'erede più imbranato della famiglia, si imbarca in una divertente ed appassionante missione contro il tempo con il politicamente scorretto Bisnonno Natale, per consegnare l'ultimo regalo della notte, prima che arrivi il tanto atteso giorno.

Scheda:
Titolo originale: Arthur Christmas
Nazione: Regno Unito, U.S.A.
Anno: 2011
Genere: Animazione
Durata: 97'
Regia: Sarah Smith, Barry Cook
Sito ufficiale: www.arthurchristmas.net
Social network: facebook
Cast (voci): James McAvoy, Hugh Laurie, Bill Nighy, Jim Broadbent, Imelda Staunton, Ashley Jensen, Marc Wootton, Laura Linney, Eva Longoria, Ramona Marquez, Michael Palin
Produzione: Aardman Animations, Sony Pictures Animation
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia

Orari:


Domenica 
 22 gen
 17,30





Recensione
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1702]

Realizzato dalla Aardman, casa inglese famosa per lesue animazioni di pupazzetti di plastilina (vedi Galline in fuga o la serie di Wallace e Gromit), Il figlio di Babbo Natale si piega alle esigenze del mercato, presentandosi come un’ormai tradizionale animazione 3D (abbastanza leggera però da non infastidire). D’altronde sarebbe stato difficile rendere con la plastilina l’immensa nave spaziale a forma di slitta con la quale Babbo Natale e i suoi aiutanti girano per il mondo la notte del 25 dicembre, per portare doni a tutti i bambini. Potrebbe sembrare l’unico adeguamento di una storia ovunque conosciuta, ma il film aggiunge qualcosa in più: per un imprevedibile inconveniente tecnico, un regalo, destinato a una bambina di un villaggio inglese, non viene recapitato. Ad accorgersene è un elfo che sta riassettando ilgrandioso centro di smistamento al Polo Nord e, da bravo e devoto elfo, avvisa Steve, il figlio maggiore di Babbo Natale e “comandante in capo” delle operazioni. Che fare? Tutti ormai se nesono andati a dormire e, come fa notare Steve, la percentuale di successo dell’operazione appena compiuta è del 99,999999. Con questi numeri, si può dire che è stato un successo. A fare la differenza sarà naturalmente la caparbietà di Arthur, il figlio minore e pasticcione (ricorda non poco il Pippo diseyano) di Babbo Natale: o il Natale è per tutti o anche l’enorme lavoro fatto per quel giorno perde significato. Ovviamente ci saranno peripezie e accidenti a non finire per recapitare il pacchetto alla bambina prima che si svegli, ma un aiuto inaspettato arriverà da Babbo Natale senior, che nonostante i suoi 130 anni di età, non intende stare a guardare. Il figlio di Babbo Natale, che nell’originale inglese è doppiato da un cast di attori di fama, è un film che aggiunge a una bella idea una cornice divertente (e tutti i dipendenti dal navigatore satellitare avranno modo di riflettere) e decisamente ben realizzata, che unisce tradizione e modernità (vedi anche la slitta che viene dai radar scambiata per una minaccia di guerra) in grado di divertire grandi e piccini.

Beppe Musicco



Midnight in Paris


Trama:
Midnight In Paris è una storia romantica ambientata a Parigi, nella quale s'intrecciano le vicende di una famiglia, in Francia per affari, e di due giovani fidanzati prossimi alle nozze; tutti alle prese con esperienze che cambieranno per sempre le loro vite. Il film è anche la storia del grande amore di un giovane uomo per una città, Parigi e dell'illusione di tutti coloro che pensano che se avessero avuto una vita diversa sarebbero stati molto più felici.

Scheda:
Titolo originale: Midnight in Paris
Nazione: U.S.A.
Anno: 2011
Genere: Commedia
Durata: 94'
Regia: Woody Allen
Sito ufficiale: www.sonyclassics.com/midnightinparis
Cast: Owen Wilson, Marion Cotillard, Adrien Brody, Rachel McAdams, Kathy Bates, Michael Sheen, Carla Bruni, Alison Pill, Léa Seydoux, Tom Hiddleston
Produzione: Gravier Productions, Mediapro
Distribuzione: Medusa

Orari:
Sabato 
 21 gen
 21,15
Domenica 
 22 gen
 21,15
Lunedì
23 gen
21,15


Recensione
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1686]

Bella commedia brillante e elegante, senza dubbio il film più riuscito di Allen dai tempi di Match Point. Allen continua a parlare di sé nei propri film e lo fa con i soliti ottimi attori (in questo caso il più bravo di tutti è il simpatico, buffo Owen Wilson), il solito parco di caratteristi che rubano la scena ai protagonisti (come i genitori della McAdams interpretati da Kurt Fuller e Mimi Kennedy, perfettamente in parte) e con il solito schema, quello consolidato da ormai tanti anni a questa parte. Un protagonista in crisi, diviso da problemi sul lavoro e complicanze affettive; un ambiente borghese tanto ricco quanto affettato e culturalmente povero sullo sfondo; la cornice di una città affascinante e suggestiva come Parigi. L'idea alla base di Midnight in Paris è semplicissima: prendere uno scrittore deluso e fargli incontrare i miti della sua vita: scrittori come Hemingway e Eliot, artisti come Matisse e Dalì, musicisti come Cole Porter, registi come Bunuel. Il cambio di registro dall'ironia malinconica delle prime sequenze al fiabesco onirico delle parte centrale è la cosa migliore del film, anche per la presenza di alcune sequenze argute e divertentissime come quella del dialogo surreale con i surrealisti. In generale si respira un'aria più fresca e meno opprimente degli ultimi disperati film del regista americano e si rivivono certe atmosfere leggere e sospese di un grande film come La rosa purpurea del Cairo. Nonostante la leggerezza, rimangono i temi cari all'ultimo Allen: la caducità delle cose, la legge del Caso e l'incomprensibilità della vita. In effetti tutti i personaggi vivono come in una prigione da cui vorrebbero scappare, tutti rimpiangono i bei tempi andati. Lo fa il protagonista che lamenta di non poter vivere in pianta stabile a Parigi come scrittore quando invece lavora suo malgrado come sceneggiatore a Hollywood; si lamentano anche gli scrittori, intellettuali e anche la bellissima misteriosa donna che colpisce tanto il biondo protagonista: la felicità è altrove ed è sfuggente, come tutto della vita fugge, soprattutto quando in gioco ci sono i rapporti più veri anche se il finale, aperto, lascia sperare in qualcosa di diverso. Forse, a rimanere come unico elemento di stabilità è la passione, non certo il nozionismo sterile di cui si riempie la bocca il personaggio del professore interpretato da Michael Sheen, ma la passione verace che riempie la vita e poggia sulle contraddizioni di questa, l'amore per il bello che attraversa i personaggi pieni di vita dei vari Hemingway, Porter e compagnia geniale. Forse, ci indica Allen, proprio questo riscatterà il valore di un vita di cui si fatica a cogliere il senso; forse rimarrà questo di noi, dopo che tutto sarà passato via e dopo che tutto si sarà compiuto: la nostra passione per il bello e per i più talentuosi, il ricordo delle proprie opere.

Simone Fortunato



11 gennaio, 2012

Finalmente la felicità


Trama:
Finalmente la felicità racconta la storia di un professore di musica di Lucca (Pieraccioni) che chiamato dalla trasmissione di Maria De Filippi "C'é posta per te", scopre che sua mamma, scomparsa da poco, aveva adottato a distanza una bambina brasiliana. Sono passati tanti anni e quella bambina adesso è una bellissima modella. Ora che la ragazza è in Italia per lavoro, vuole incontrare il suo "fratello" italiano. I due danno così vita ad un incontro imprevisto che sarà pieno di colpi di scena e di situazioni esilaranti: per esempio il professore di musica sostiene che la madre sia stata uccisa da Barbara Bouchet..! Ma come può essere mai possibile una cosa del genere? Insomma, quello della brasiliana e del professore di musica saranno due mondi a confronto, due modi di vedere la vita, ma sicuramente, alla fine, un unico obiettivo: capire perchè il destino ha voluto che loro due s'incontrassero.

Scheda:
Titolo originale: Finalmente la felicità
Nazione: Italia
Anno: 2011
Genere: Commedia
Durata: 93'
Regia: Leonardo Pieraccioni
Sito ufficiale: http://www.virgilio.it/finalmentelafelicita/
Cast: Leonardo Pieraccioni, Ariadna Romero, Rocco Papaleo, Andrea Buscemi, Thyago Alves, Shel Shapiro, Maurizio Battista, Michela Andreozzi
Produzione: Levante e Medusa Film
Distribuzione: Medusa

Orari:
Sabato 
 14 gen
 21,15
Domenica 
 15 gen
 17,30 - 21,15
Lunedì
16 gen
21,15

Recensione:
[visionabile al link http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1700 ]


03 gennaio, 2012

Sherlock Holmes - Gioco di ombre


Trama:
Sherlock Holmes è sempre stato il più astuto di tutti… almeno fino ad oggi. Una nuova acuta mente criminale, il Professor Moriarty (Jared Harris), con una intelligenza pari a quella di Holmes e con una predisposizione al male ed una totale assenza di coscienza , potrebbe mettere in grande difficoltà il rinomato detective. Quando il Principe d'Austria viene trovato morto, tutte le prove raccolte dall'Ispettore Lestrade (Eddie Marsan), indicano come causa della morte il suicidio. Eppure Sherlock Holmes deduce che il Principe è stato vittima di un omicidio - omicidio che è soltanto il primo pezzo di un puzzle ben più grande e sinistro messo a punto dal Professor Moriarty. Unendo gli affari al piacere, Holmes continua nella sua indagine fino ad arrivare ad un club per gentiluomini, dove, insieme al fratello Mycroft Holmes (Stephen Fry), festeggia l'addio al celibato di Watson, e dove incontra al Sim (Noomi Rapace), una zingara cartomante, che vede più di quanto svela e il cui coinvolgimento involontario nell'omicidio del Principe la rende un ottimo futuro bersaglio. Holmes riesce a salvarle la vita con un colpo di fortuna, e in cambio, sebbene con riluttanza, la donna accetta di aiutarlo. Le indagini prendono una piega ancor più pericolosa mentre Holmes, Watson e Sim attraversano l'Europa - dall'Inghilterra alla Francia, alla Germania e infine in Svizzera. L'astuto Moriarty è sempre un passo avanti a loro e sta mettendo a punto una trama di morte e distruzione quale parte di un piano ancor più grande che, se dovesse realizzarsi, cambierebbe per sempre il corso della storia.


Scheda:

Titolo originale: Sherlock Holmes - A Game of Shadows
Nazione: U.S.A.
Anno: 2011
Genere: Azione, Mistero, Drammatico
Durata: 129'
Regia: Guy Ritchie
Sito ufficiale: http://sherlockholmes2.warnerbros.com/index.html
Cast: Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Kelly Reilly, Eddie Marsan, Geraldine James, Gilles Lellouche, William Houston, Affif Ben Badra, Jared Harris, Stephen Fry, Noomi Rapace
Produzione: Silver Pictures, Lin Pictures, Warner Bros. Pictures
Distribuzione: Warner Bros.

Orari:
Venerdì
6 gen
 17,30 - 21,15
Sabato 
 7 gen
 21,15
Domenica 
 8 gen
 17,30 - 21,15
Lunedì
9 gen
21,15

Recensione:
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it]

Si potrebbe discutere a lungo sulle licenze che Guy Ritchie (già regista dello scorso Sherlock Holmes) si sia preso rispetto all’originale, portando il protagonista ad assomigliare più a James Bond (peraltro, anche lui perfettamente British) che al compassato investigatore che eravamo abituati a immaginare mentre impugnava al massimo una lente d’ingrandimento. Merito del fatto che Sherlock Holmes - Gioco di ombre non non è l'adattamento di uno dei racconti di Sir Arthur Conan Doyle (anche se ne mutua personaggi e alcune idee), ma la trasposizione di una "graphic novel" dei giorni nostri. D’altronde non siamo più nel 1887 e anche i tempi della Regina Vittoria hanno dovuto rapidamente adeguarsi: Watson si sposa, ma il suo matrimonio è funestato da una serie di attentati che mirano a destabilizzare l’Europa portando la Francia e la Germania sull’orlo di un conflitto. Dietro tutto questo non può che esserci il perfido professor Moriarty, che si confronterà corpo a corpo con Holmes proprio come in uno dei più famosi racconti della saga dell’investigatore, “Il problema finale”. Moriarty può contare su una vera e propria industria bellica, con la quale vuole gettare l’intero continente nello scompiglio, per poi impadronirsi del potere con la potenza delle armi. Holmes, che agli inizi sembra essere eccessivamente ossessionato da Moriarty (come lamenta Watson), ha invece intuito tutto, mettendo insieme piccoli tasselli, anche con l’aiuto della zingara Sim (Noomi Rapace). Ma il nobile tentativo di Holmes sembra infrangersi contro la mortale astuzia di Moriarty, che continua a seminare esplosioni e morte lungo il proprio cammino, fino a mettere in pericolo lo stesso matrimonio di Watson. Ancora una volta il film si regge sul perfetto funzionamento della coppia Downey Jr. – Law: l’Holmes di Robert Downey Jr., sempre in bilico tra il dandy e lo scarmigliato, vanitoso e brillante, è ben lontano dal personaggio letterario, riflessivo e facile preda della malinconia, ma ripropone, come nel primo film di Ritchie, furiosi corpo a corpo previsti fin nei minimi particolari, inseguimenti rocamboleschi, spari e follie varie. Così del famoso metodo deduttivo di Sherlock Holmes rimane ben poco, sostituito da robuste dosi d’azione. Si salvano gli elementi di contorno: Watson (che in quanto a cazzotti non scherza neanche lui), l’apparizione del fratello di Sherlock, Mycroft (Stephen Fry, esilarante proprio perché in realtà interpreta se stesso), Noomi Rapace (qui decisamente più misurata che nella trilogia di Stig Larsson) e, ovviamente Moriarty, un Jared Harris maligno fin dalla prima inquadratura. La realizzazione è, come nel primo film, sontuosa e dettagliata, e carica di orpelli come un salotto vittoriano. I fan dei super eroi si godranno questa nuova veste di Tony Stark (l’alter-ego di Downey Jr. in Iron Man), gli amanti dell’azione non avranno di che annoiarsi; i lettori di Sherlock Holmes probabilmente rimarranno perplessi, ma è lecito pensare che non la prendano troppo sul serio. E tutti aspetteranno di vedere cosa succederà nel prossimo film.

Beppe Musicco