12 aprile, 2011

Nessuno mi può giudicare

Trama:
La trentacinquenne Alice vive in una bella villetta di Roma nord, ha un marito, un figlio di 9 anni e tre domestici extra-comunitari. La sua caratteristica principale è la superficialità ma annovera tra le sue qualità anche l'antipatia e il classismo. La sua vita sembra un sogno dorato ma si rivelerà ben presto un incubo. Suo marito, imprenditore nel ramo dei sanitari, muore in un incidente e lei rimane sul lastrico con un debito fortissimo da saldare e con lo spauracchio che i servizi sociali le portino via il figlio. A questo punto Alice e suo figlio Filippo lasciano i quartieri alti e sono costretti ad andare a vivere in periferia, nel palazzo del cameriere Aziz. Bel trauma!
Alice deve inventarsi qualcosa per salvare la sua vita e quella del figlio e l'unico modo possibile per guadagnare molto denaro in poco tempo è fare il mestiere più antico del mondo. Si informa su internet e si fa dare una mano da una escort di professione: Eva, una trentenne bellissima apparentemente superficiale e cinica. Sarà lei a introdurre Alice nel mondo che conta. Certo all'inizio è molto dura perché Alice, oltre a non essere sexy, è anche una vera imbranata e non ha proprio le caratteristiche per fare "il mestiere", poi però la donna si tappa il naso e spinta dal bisogno si butta a capofitto nella sua missione.
Ma la storia racconta anche i percorsi delle brave persone, quelle che lottano onestamente per la dignità, che lavorano seriamente e che mandano avanti il paese. In particolare Giulio, gestore di un Internet Point di fronte alla nuova casa di Alice, ha la fortuna/sfortuna di incontrare Alice. I due inizialmente si evitano perché troppo diversi ma poi cominciano ad apprezzarsi e si innamorano tra le strade di una periferia che ai loro occhi diventa sempre più allegra. Giulio è uno di sani principi che odia le bugie e l'ipocrisia. E' normale quindi che andrà in crisi quando scoprirà che Alice fa la escort e gli ha raccontato un sacco di bugie.

Scheda:
Titolo originale: Nessuno mi può giudicare
Nazione: Italia
Anno: 2011
Genere: Commedia
Durata: 95'
Regia: Massimiliano Bruno
Sito ufficiale: www.virgilio.it/nessunomipuogiudicare
Social network: facebook
Cast: Paola Cortellesi, Raoul Bova, Rocco Papaleo, Dario Cassini, Anna Foglietta, Caterina Guzzanti, Massimiliano Bruno
Produzione: IIF Italian International Film, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution

Orari:
Sabato16 apr

21,15

Domenica17 apr

17,30 - 21,15

Lunedì18 apr

21,15


Recensione:

Uscito non troppo casualmente in un momento in cui in Italia la parola escort è diventata comune su quotidiani e tv, ma scritto almeno un anno prima, questo esordio alla regia di Massimiliano Bruno, cosceneggiatore di tanti successi di Fausto Brizzi ha dalla sua un ottimo cast, capeggiato da Paola Cortellesi, credibile sia nella parte dell’arricchita razzista più per superficialità che per cattiveria, sia in quella della madre messa alle strette dai debiti e costretta a trasformarsi in escort per non perdere il figlio.
Mentre stupisce piacevolmente la performance di Raul Bova (gestore di internet point coatto ma d’animo nobile soprattutto con gli stranieri), non è una sorpresa Rocco Papaleo, qui portinaio un po’ razzista ma di buon cuore che si scaglia contro il buonismo pro-extracomunitari del nemico-amico Giulio, prendendosela con una mentalità “alla Nanni Moretti”, che quando si tratta di immigrazione in realtà anima un po’ tutto il cinema italiano, non esclusa questa pellicola.
Attorno a loro un mondo fatto di gente cafona ma di buon cuore, si tratti di borgatari o di immigrati dalle più varie provenienze, di escort che rinverdiscono senza vergogna il cliché della “puttana di buon cuore” , o di servizievoli gay pronti a offrire istruzioni per la vita sentimentale contemporanea.
La storia, se non si presta troppa attenzione ai diversi buchi di sceneggiatura, qualche comodo guardacaso e a un set up colpevolmente assente, fila via piacevole tra situazioni esilaranti anche se spesso sopra le righe (i “clienti” di Alice sono tutti dei personaggi, dal maniaco dei fumetti a quello che vuole essere insultato) e una solidarietà di fondo che intenerisce anche quando non convince del tutto. Al di là delle risate però rimangono i problemi.
A una commedia non si può chiedere un’analisi sociologica del fenomeno delle escort, ma si resta delusi di fronte alla mancanza di reale approfondimento psicologico della protagonista. A parte una piccola resistenza iniziale, Alice sembra passare indenne attraverso i sei mesi di “professione” e una volta pagato il suo debito chiuderebbe attrezzi e frustino in una valigia allontanandosi con un'amica in più. L’unica crisi avviene solo nel momento in cui (fin troppo casualmente), Giulio, di cui si è innamorata, la scopre.
A suo tempi Pretty Woman, che pure era quasi una favola, pur condendo la sua storia di romanticismo, non faceva sconti sul modo in cui la prostituzione minava la concezione e il rispetto di sé della protagonista Vivian.
Il film di Bruno, da titolo, sottolinea che il comportamento della sua protagonista non può essere né giudicato né condannato, e in effetti Alice (sulla linea di tante eroine romantiche costrette ad un infame compromesso per amore) fa quello che fa per la più nobile e “perdonabile” delle ragioni, non perdere suo figlio. Non è però il caso della sua amica Eva, che di queste costrizioni non ne ha, ma di sicuro è affezionata al suo attico vista Colosseo e che considera gli uomini come dei bancomat il cui codice è contenuto nei loro ormoni. Anche lei non la possiamo giudicare, e infatti, Alice la fa riconciliare, senza grossi problemi e con un’ellissi quanto meno sospetta, con i genitori che a suo tempo non avevano condiviso la sua scelta “professionale”.
Il rischio, alla fine, è che si abdichi a qualunque tipo di giudizio, come se fare la escort potesse essere un problema sociale e politico, ma non psicologico e morale. Forse il problema invece è che il mondo contemporaneo non voglia o non possa giudicare nulla perché ha perso la capacità di perdonare.

Laura Cotta Ramosino


05 aprile, 2011

La vita facile

Trama:
Perché "la vita facile" è la più difficile da vivere?
Non lo sa Mario Tirelli, chirurgo di fama, ricco e arrivato, che decide all'improvviso di partire per l'Africa ad aiutare il suo amico di sempre, Luca Manzi. Non lo sa Luca Manzi, che in Africa è arrivato da anni per tirar su un ospedale, e che si è lasciato dietro tutto e anche qualcosa che non ha capito. Soprattutto non lo sa Ginevra, la donna che hanno conosciuto insieme ma, fatalmente, è diventata moglie di Mario. Tre amici, tre visioni opposte del mondo, tre vite facili che si sono terribilmente complicate. L'amore non è quello che sembra, il buono non è quello che sembra, il cattivo non sembra quello che è. Cosa succederà quando si guarderanno ancora una volta negli occhi tutti assieme? Chi avrà il coraggio di tirare fuori la verità?

Scheda:
Titolo originale: La vita facile
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 96'
Regia: Lucio Pellegrini
Sito ufficiale: www.virgilio.it/lavitafacile
Cast: Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Pierfrancesco Favino, Camilla Filippi, Angelo Orlando, Eliana Miglio, Souleymane Sow, Max Tardioli, Ivano Marescotti
Produzione: Domenico Procacci Fandango, Medusa Film, Sky Cinema
Distribuzione: Medusa

Orari:
Domenica 10 apr

17,30 -21,15

Lunedì 11 apr

21,15

Recensione

Mario, affermato medico romano di una clinica privata, parte per il Kenya: va a trovare un amico di vecchia data anch’egli medico, che ha deciso da anni di vivere la professione in Africa, a contatto con situazioni disperate in un ospedale improvvisato e senza risorse in mezzo al nulla. Una realtà in cui Luca è amato dalla popolazione e si è ricostruito una vita dopo dolorose vicende passate. In questa realtà Mario vorrebbe essere d’aiuto ma non riesce ad adattarsi: troppo diversa e lontana dalla sua mentalità e abitudine questo angolo sperduto e misero di mondo; e le sue goffaggini e idiosincrasie creano più nervosismo che simpatia nel campo. Tra i due medici, inoltre, l’amicizia antica è venata da non detti, da tensioni non chiarite. Peraltro ognuno si porta scheletri nell’armadio, entrambi sono in fuga da qualcosa. Ed entrambi sono legati dalla stessa donna, Ginevra, moglie di Mario ma un tempo amata anche da Luca. A un certo punto la donna arriva anche lei in Africa, e le cose iniziano a complicarsi ulteriormente.
Detta così, sembrerebbe la solita storia di amori, tradimenti, corna, condita da personaggi ricchi e borghesi contrapposti ad altri che la borghesia l’hanno rifiutata per vivere per gli “ultimi”. C’è tutto questo nel film, ma fin dall’inizio immerso in un taglio da commedia acre pimpante, divertente, caustica. Grazie soprattutto al ping pong tra Favino e Accorsi, vecchi amici davvero e attori affiatati, che ridono, litigano (di brutto…), si sfottono come due compagni di lungo corso. Il film perde un po’ di brio con l’arrivo di Ginevra, interpretata peraltro dalla bella e brava Vittoria Puccini. Più che altro perché l’accumulo di temi e situazioni – a partire da un problema giudiziario di Mario – sembra far perdere equilibrio alla trama. E invece nell’ultima parte, piena di colpi di scena, si chiarisce che la vicenda è meno scontata di quel che si temeva (nei primi minuti si paventa che Accorsi sia il solito medico coraggioso e senza macchia, ma non è così) e, che come in Figli delle stelle, il tasso ideologico del “no global” Lucio Pellegrini (autore di Ora o mai più, su un gruppo di giovani diretti al G8 di Genova) è tenuto a freno da una capacità di descrizione dei personaggi e di realizzare una commedia ritmata e non indegna dei modelli antichi cui guarda (evidente, e ammesso esplicitamente, il legame con Riusciranno i nostri eroi…). A tratti molto divertente – Pellegrini, che pure non scrive la sceneggiatura, in questi film ci sa fare quando vuole: come nel suo divertentissimo esordio E allora mambo – il film mescola però anche altri ingredienti oltre alla commedia, dal dramma (la morte dietro l’angolo) al sentimento al giallo, con una serie di colpi di scena nel finale che sono ben controllati ma soprattutto regalano al film una soluzione intrigante tra i tanti finali possibili. Che potrà sembrare cinica ma non lo è.
In La vita facile, al di là di alcune semplificazioni tipiche di certi film italiani (il medico corrotto, il raccomandato, il ribelle), i tre personaggi principali sono più sfaccettati del previsto; nessuno è totalmente buono o cattivo (anche se alla fine del triangolo un “lato” ne esce molto peggio). Soprattutto, i tre interpreti rendono al meglio i propri ruoli, in particolare il solitamente bravissimo Favino (con tempi anche comici perfetti) e un Accorsi più in forma del solito. Ma altri personaggi minori si ritagliano il loro spazio (come l’“infermiera” Camilla Filippi e il vivandiere Angelo Orlando), al pari di alcune vicende di contorno: su tutte il bel rapporto che si crea tra Favino e un bimbo africano, soprannominato Ippocrate, malato di tubercolosi. Manca sempre qualcosa, in film come questi (per esempio: l’Africa, fotografata nel suo splendore e nelle sue miserie, non ha mai un personaggio – africano o occidentale – che viva con dignità e speranza quel contesto ma solo con condiscendente disagio). Ma ci sembra un passo in più verso una commedia matura e ben realizzata.

Antonio Autieri