Trama:
Due donne, un’isolana e una straniera: l’una sconvolge la vita dell’altra. Eppure hanno uno stesso sogno, un futuro diverso per i loro figli, la loro terraferma. Terraferma è l’approdo a cui mira chi naviga, ma è anche un’isola saldamente ancorata a tradizioni ferme nel tempo. È con l’immobilità di questo tempo che la famiglia Pucillo deve confrontarsi. Ernesto ha 70 anni, vorrebbe fermare il tempo e non vorrebbe rottamare il suo peschereccio. Suo nipote Filippo ne ha 20, ha perso suo padre in mare ed è sospeso tra il tempo di suo nonno Ernesto e il tempo di suo zio Nino, che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti. Sua madre Giulietta, giovane vedova, sente che il tempo immutabile di quest’isola li ha resi tutti stranieri e che non potrà mai esserci un futuro né per lei, né per suo figlio Filippo. Per vivere bisogna trovare il coraggio di andare. Un giorno il mare sospinge nelle loro vite altri viaggiatori, tra cui Sara e suo figlio. Ernesto li accoglie: è l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo non lo permette e la vita della famiglia Pucillo è destinata a essere sconvolta e a dover scegliere una nuova rotta.
Scheda:
Titolo originale: Terraferma
Nazione: Italia, Francia
Anno: 2011
Genere: Drammatico
Durata: 88'
Regia: Emanuele Crialese
Sito ufficiale: www.terrafermailfilm.it
Social network: facebook
Cast: Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Martina Codecasa, Claudio Santamaria, Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio, Tiziana Lodato, Titti, Robel Tsagay
Produzione: Cattleya, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Orari:
Sabato | 01 ott |
21,15
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Domenica | 02 ott |
17,30 - 21,15
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Lunedì | 03 ott |
21,15
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Recensione:
tratta da http://www.sentieridelcinema.it
Vincitore del Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia 2011, il quarto film di Emanuele Crialese ha tutti i crismi del film impegnato e d'autore. Una tematica forte (l'immigrazione); un luogo noto, ormai inflazionato sui media (Lampedusa, anche se il film è girato a Linosa); un parterre di bravi attori (Finocchiaro e compagnia: lei è bellissima e bravissima). E ancora: una coerenza stilistica e tematica molto forte: il mare, i migranti, la solidarietà del popolo, il discorso sulle radici e sull'identità percorrevano almeno due film precedenti del regista di origine siciliana, Respiro e, il più riuscito di tutti, Nuovomondo. E, non ultimo: uno stile cinematografico assai ricercato e molto curato nella confezione. Grandi scenari splendidamente fotografati, un realismo linguistico che richiama i tanti big del nostro passato, da Rossellini a Visconti, fa il paio con la ricercatezza di alcune sequenze: la sequenza del mappamondo, ma anche quella della protesta dei pescatori davanti alla caserma della Guardia di Finanza, o quella del barcone stipato di turisti in festa che richiama alla mente Lamerica di Amelio suscitando però sentimenti opposti. Eppure, a differenza proprio di Nuovomondo, il film fatica sul piano delle emozioni e del coinvolgimento dello spettatore. Non mancano alcune sequenze suggestive: il rapporto tra le due donne, la venuta alla luce della bimba e gli attori protagonisti, specie la Finocchiaro e il giovane Pucillo, già nel cast di Respiro e Nuovomondo, convincono e partecipano con intensità alla vicenda. Il film però non manca di difetti: alcuni personaggi sono abbozzati o schematici come il finanziere interpretato da Claudio Santamaria o l'animatore turistico impersonato da Fiorello. Sul piano narrativo, se la storia della donna etiope rifugiata assume un ruolo centrale anche a livello emotivo, così non si può dire per quanto riguarda la vicenda periferica dei tre giovani turisti e della possibile storia d'amore tra Pucillo e Martina Codecasa (già vista in Sul mare di D’Alatri), la meno convincente del cast. E anche sul piano del contenuto, pur senza inciampare in gravi tranelli ideologici, Crialese quando deve enunciare il suo “messaggio”, lo fa nel modo più piatto e prevedibile possibile come nell'occasione della riunione dei pescatori con gli anziani in testa a difendere la legge del mare o attraverso la figura del peschereccio sigillato dalla Finanza e comunque destinato a essere demolito, oggetto reale ma anche metaforico, segno di tempi ormai perduti in cui il regista pare non riconoscersi più e non riconoscere più il proprio popolo, come accadeva, con ben altri risultati, sul finale di Nuovomondo. L'impressione, cioè, è che Crialese sia un regista di valore, con occhio e senso dell'immagine, merce rara tra i registi italiani e non, ma che non sia riuscito a rendere vita vera, storia palpitante una vicenda semplice che forse non aveva bisogno di orpelli e decorazioni per emozionare. Vezzi autoriali che rischiano di mettere in secondo piano la storia di dolore e di accoglienza al centro del film e che allontanano lo stile di questo regista talentuoso dalla lezione dei maestri del Neorealismo, con cui pure cerca di misurarsi. Maestri per cui era necessario far parlare gli oggetti, i volti e le cose, più che ricamarci sopra.
Simone Fortunato