29 novembre, 2011

Happy Feet 2


Trama:
Mambo, il re del tip tap, ha dei problemi con il piccolo Erik, che ha la fobia per la danza. Poi Erik fugge e incontra Sven, un pinguino che può volare! E Mambo non ha alcuna speranza di poter competere con lui.
Ma le cose peggiorano ancora quando il mondo viene sconvolto da forze potenti.
Però Erik scopre il coraggio e la determinazione del padre quando Mambo riunisce attorno a sé la comunità dei pinguini e tutta una serie di creature straordinarie, dai minuscoli krill ai giganteschi elefanti marini, per rimettere le cose a posto.

Scheda:
Titolo originale: Happy Feet Two
Nazione: Australia
Anno: 2011
Genere: Animazione
Durata: 105'
Regia: George Miller
Sito ufficiale: http://happyfeettwo.warnerbros.com/index.html
Sito italiano: wwws.warnerbros.it/happyfeet2/index.html
Cast (voci): Elijah Wood, Robin Williams, Matt Damon, Brad Pitt, Hank Azaria, Sofía Vergara, Pink, Common
Produzione: Kennedy Miller Mitchell, Dr D Studios, Village Roadshow Pictures
Distribuzione: Warner Bros.

Orari:
Sabato 03 dic
 21,15
Domenica04 dic
 17,30 - 21,15
Lunedì05 dic
 21,15

Recensione:
[visionabile al link http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1684 ]

22 novembre, 2011

Bar Sport


Trama:
Ci sono bar e bar, ma il Bar Sport è molto di più.
In ogni città, in ogni paese, esiste il Bar Sport, sempre con le porte sulla piazza principale.
Più che un punto di ritrovo, un punto di riferimento, un luogo dell'anima che accomuna e fonde in un solo spazio, un universo di situazioni e personaggi che almeno una volta abbiamo incontrato o che ci piacerebbe conoscere.
Il Bar Sport, gestito da Antonio il Barista detto anche Onassis per la sua tirchieria, è frequentato dal Tennico tuttologo che tutto sa e tutti conosce; dal playboy che racconta le sue improbabili avventure; dalle vecchiette dall'aspetto innocuo e dall'animo perfido, sempre sedute allo stesso tavolino all'angolo; da chi dice sempre che sta per partire; dall'inventore che insegue il record del flipper; dai giocatori di biliardo pronti all'eterna sfida con il bar Moka; da quelli che passano le giornate giocando a carte impegnati in epiche sfide; dai giocatori di calcio balilla…o meglio, di calcetto nei bar di sinistra; dall'innamorato depresso ormai fuso al telefono a gettoni; dal semplice e ingenuo Cocosecco; da Elvira 'lire tremila' dall'inequivocabile lavoro; dal 'cinno' che sogna di diventare un campione di ciclismo; dal vecchietto che passa il tempo davanti alla televisione, sputando in terra; dal timido geometra con la moglie appariscente; dal professore che dà i voti alle ragazze.
Sotto gli occhi sognanti della bellissima cassiera di cui tutti si innamorano, ma che perde la testa per l'affascinante fornaio.
Nel Bar Sport vengono tramandate le imprese dei grandi sportivi entrati nella leggenda come Piva, il calciatore dal tiro portentoso adorato dai tifosi, e il grande Pozzi, il ciclista invincibile impegnato in un'eterna sfida con il famoso Girardoux.


Scheda:

Titolo originale: Bar Sport
Nazione: Italia
Anno: 2011
Genere: Commedia
Durata: 93'
Regia: Massimo Martelli
Sito ufficiale: www.barsportilfilm.it
Cast: Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro, Antonio Cornacchione, Lunetta Savino, Antonio Catania, Bob Messini, Benedetta Taiana
Produzione: Aurora Film, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution


Orari:

Sabato 26 nov
 no
Domenica27 nov
 17,30 - 21,15
Lunedì28 nov
 21,15



Recensione:
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it]

Avviso per i naviganti, il film non è e non c'entra nulla con Al bar dello sport, il mitico, famigerato trash movie firmato nel 1983 da Francesco Massaro e interpretato dai vari Lino Banfi, Mara Venier, Sergio Vastano e Jerry Calà. Bar sport è ben altro anche se non abbiamo capito se nel bene o nel male. È la riduzione cinematografica del primo libro, omonimo, di Stefano Benni, con al centro le vicende di varia umanità nei dintorni di un leggendario piccolo bar di paese. Il film del regista Massimo Martelli ha molte velleità: affrancarsi da una commedia di tipo greve, magari scollacciata, comunque superficiale che spesso trova fortuna nel nostro Paese; rievocare il tono nostalgico del romanzo di partenza attraverso l'umorismo sottile e al contempo avvolgere il racconto di una certa malinconia; dar vita a tanti personaggi il più possibile sfaccettati, specchio di un'Italia provinciale e ruspante che forse si è perduta per sempre. Buone intenzioni che per la più parte si fermano al palo. Bar sport ha parecchi punti deboli, a partire proprio dal tipo di umorismo senz'altro ricercato e non greve, ma che fallisce non facendo mai ridere. Le colpe sono equamente divise tra sceneggiatura, piuttosto debole e prevedibile, e regia: mancano i tempi comici, il che è paradossale essendo il cast ricchissimo di comici anche di talento, le gag sono ripetute e tirate troppo per il lungo come quelle, prevedibili, stancanti e poi irritanti dell'insegna che non si accende mai al momento giusto o della “Luisona”, la pasta “avvelenata”, una vera e propria trappola per i clienti sprovveduti del Bar Sport. I personaggi che probabilmente sulla carta hanno ben altro spessore sono ridotti a mere figurine, maschere dai connotati sin troppo riconoscibili, spesso troppo sopra le righe come il personaggio di Bisio, figura collante del film; altri, come il coro della coppia Savino-Finocchiaro è sin troppo schematico e scritto; altri ancora, come Bob Messini, l'insopportabile Vito e Antonio Cornacchione, poco più che caricature. L'impianto narrativo lascia perplessi: la voce fuori campo è sin troppo invadente e richiama certi non memorabili film di Avati, come Gli amici del bar Margherita, singolarmente simile nei toni e nell'intreccio proprio a Bar sport. E le sequenze d'animazione che spesso punteggiano la narrazione, se non sono mal fatte da un punto di vista tecnico, come si può notare nelle rievocazioni del personaggio di Bisio, sono usate nel modo più ovvio, un semplice calco della pagina stampata, come nella sequenza animata del coccodrillino Lacoste che per il troppo caldo decide di darsi una rinfrescata scucendosi da una maglietta o in quella in cui le zanzare modello Frecce Tricolori infestano il bar. Un conto è la pagina scritta e le immagini inserite in essa, altro l'immagine cinematografica. Un film sbagliato, più che mal fatto: confezionato bene, comunque ben al di sopra di molti dei recenti film di Avati che pare il modello imprescindibile, e supportato da una schiera di bravi attori purtroppo sottoutilizzati, Bar sport è un film sbagliato nell'approccio al romanzo di partenza ed è sbagliato nei registri utilizzati: fa poco ridere, fa poco appassionare. Non scatta mai la compartecipazione dello spettatore alle vicende sottilmente malinconiche dei personaggi, perché i personaggi sono troppi e troppo abbozzati. Figure di carta più che uomini autentici con problemi e gioie e dolori autentici. Così, anche momenti potenzialmente interessanti – il personaggio patetico del playboy interpretato dal grande Teo Teocoli, il bizzarro uomo del flipper, la sfida all'ultimo colpo a biliardo – rimangono solo flash curiosi che suscitano al massimo il desiderio di andare a vedere sulla carta come potevano essere trattati o come potevano finire. Troppi personaggi, troppe situazioni, troppi registri che si fondono male: il risultato è una commedia malinconica e nostalgica che non fa immalinconire, non fa ridere, e non fa scattare nemmeno troppa nostalgia. Come raccontava Vasco Rossi in Questa storia qua, il documentario sul cantante che proprio da un luogo come il Bar Sport si è fatto le ossa, la nostalgia ha a che fare con i luoghi del cuore più che con posti veri e propri. E se c'è una cosa che manca a Bar Sport, è proprio il cuore.

Simone Fortunato





16 novembre, 2011

Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento


Trama:
Sotto il pavimento di una grande casa situata in un magico e rigoglioso giardino alla periferia di Tokyo, vive Arrietty, una minuscola ragazza di 14 anni, con i suoi altrettanto minuscoli genitori. La casa è abitata da due vecchiette, che naturalmente ignorano la presenza di questa famiglia in miniatura. Tutto ciò che Arrietty e la sua famiglia possiedono, lo "prendono in prestito": strumenti essenziali come la cucina a gas, l'acqua e il cibo; e ancora tavoli, sedie, utensili, o prelibatezze come le zollette di zucchero. Tutto viene preso in piccolissime quantità, così che le padrone di casa non se ne accorgano. Un giorno Sho, un ragazzo di 12 anni che deve sottoporsi a urgenti cure mediche in città, si trasferisce nella casa delle vecchiette. I genitori di Arrietty le hanno sempre raccomandato di non farsi vedere dagli umani: una volta visti, i piccoli abitanti devono lasciare il luogo in cui sono stati scoperti. L'avventurosa ragazzina, però, non li ascolta, e Sho si accorge della sua presenza. I due ragazzi iniziano a confidarsi l'uno con l'altra e, in breve tempo, nasce un'amicizia...

Scheda:
Titolo originale: Kari-gurashi no Arietti
Nazione: Giappone
Anno: 2010
Genere: Animazione
Durata: 90'
Regia: Hiromasa Yonebayashi
Sito ufficiale: www.karigurashi.jp
Sito italiano: www.luckyred.it/arrietty
Cast (voci): Ryunosuke Kamiki, Mirai Shida, Shinobu Ôtake, Kirin Kiki, Tomokazu Miura, Keiko Takeshita
Produzione: Studio Ghibli, Buena Vista Home Entertainment, Dentsu
Distribuzione: Luky Red

Orari:
Sabato 19 nov
 no
Domenica20 nov
 17,30 - 21,15
Lunedì21 nov
 21,15



Recensione:
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it]

Splendida fiaba animata diretta da un discepolo del grande Miyazaki e prodotta dallo stesso Maestro. La mano del regista de La città incantata e Porco rosso c'è e si vede. Nella cura dei dettagli, nell'uso del colore e soprattutto nella delicatezza con cui si affrontano tematiche serie come la malattia, la diversità e il male in un contesto pensato e fatto su misura per ragazzi. La storia di Arrietty infatti ha molti punti in comune con uno dei tanti capolavori del maestro giapponese, Il mio vicino Totoro. Anche in Arrietty si registra in una cornice fiabesca e in uno scenario che toglie il fiato la storia di un'amicizia che costruisce e che aiuta nei momenti di difficoltà. Là si raccontava dell'incontro casuale di due bambine preoccupate della malattia della madre costretta in ospedale a curarsi con quell'incredibile, goffo, buffissimo personaggio che è Totoro che tanto ha influito sui personaggi della Pixar (uno per tutti: il grande Sulley in Monster's & Co). Nel film diretto da Yonebayashi il racconto segue lo stesso schema. Una casa immersa in una natura splendida e una ragazzina vivace e piena di spirito di avventura, Arrietty e il suo incontro casuale col bambino gigante che abita sopra la sua testa. Perché Arrietty, piccola, anzi minuscola, è una delle ultime appartenenti alla specie dei Rubacchiotti, piccole creature alte un pollice e che vivono di (innocui) espedienti. E proprio durante una delle missioni in cerca di cibo, seguendo il padre, Arrietty si imbatte in questo ragazzo gigantesco, solo e malato di cuore. Sarà il principio di una bella storia d'amicizia e di fedeltà imperniata su parole come aiuto per l'altro, gratuità e condivisione. Ma forse è un'altra la parola che domina questo piccolo gioiello come i tanti capolavori di Miyazaki, ed è la parola stupore. Lo stupore e la meraviglia di fronte alla bellezza di tavole animate che sembrano quadri ma anche lo stupore di fronte alla semplicità e all'amore con cui questo grande regista guarda ai suoi personaggi.

Simone Fortunato




08 novembre, 2011

La peggior settimana della mia vita


Trama:
Una serie di malintesi e di eventi sfortunati si susseguono nei sette giorni che precedono il matrimonio tra Fabio e Margherita. A causa di un amico sconsiderato e di un padre sopra le righe, Fabio vivrà la peggiore settimana della sua vita...

Scheda:
Titolo originale: La peggior settimana della mia vita
Nazione: Italia
Anno: 2011
Genere: Commedia
Durata: 92'
Regia: Alessandro Genovesi
Sito ufficiale:  
Cast: Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Monica Guerritore, Antonio Catania, Alessandro Siani, Chiara Francini, Rosalba Pippa, Andrea Mingardi, Alessandro Genovesi
Produzione:  
Distribuzione: Warner Bros.

Orari:
Sabato  12 nov
 21,15
Domenica13 nov
 17,30 - 21,15
Lunedì14 nov
 21,15
Recensione: 
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it]

Cosa deve fare un film brillante se non decisamente comico? Far ridere. Non basta? Allora diciamo che è meglio se riesce a farlo intrattenendo con ritmo il pubblico, senza farlo distrarre un secondo; e se poi lo fa con una certa intelligenza e senza troppe volgarità – come a volte sembra impossibile – allora l’obiettivo è raggiunto. Solo pochissime, ma qui siamo dalle parti del capolavoro “di genere”, colgono tale obiettivo volendo anche comunicare qualcosa di importante. Magari non è quest’ultimo il caso del film La peggior settimana della mia vita. Che punta invece ai tre obiettivi di cui sopra: far ridere, intrattenere il pubblico, con intelligenza. E ce la fa alla grande.
Il debutto alla regia dello sceneggiatore Alessandro Genovesi (già autore dello script di Happy family, da lui portato anche a teatro) è tratto da una serie tv inglese della BBC. E di inglese c’è qualcosa: un ritmo svelto, tempi comici perfetti, tanti attori in palla e sintonizzati tra loro, e alcuni di questi campioni di un umorismo che è un mix tra tradizione italica ed echi “british”. A cominciare da Fabio De Luigi, che da sempre viene considerato il più “inglese” dei nostri comici, e che qui trova la sua interpretazione migliore (dopo quella, già notevole, di Happy Family e il brutto passo falso di Maschi contro femmine). Nella misura di 90 stringatissimi minuti (fin pochi: nel finale si corre un po’ troppo), il film ripercorre – dopo un bell’incipit sui titoli di testa, che ci fa vedere alcuni tra gli scorci più belli del centro di Milano – la settimana che precede il matrimonio tra Paolo e Margherita, che dopo un anno di convivenza si sono decisi al grande passo. Lui è un pubblicitario arruffone e bonario, lei una dolce rampolla di una ricca famiglia borghese con grande casa sul lago di Como. Famiglia, non senza tic malcelati dietro ricchezza ed eleganza – che detesta il futuro sposo: i suoceri lo considerano una nullità, la sorella minore di Margherita lo guarda con disprezzo, la nonna pure, e perfino l’adorato cane Ettore non sembra amarlo. Sarà proprio il cane, insieme a un terrificante goulash, tra le cause scatenanti di una serie di infortuni e gaffe da brivido, che metteranno a repentaglio le nozze. E ci si mettono anche il testimone dello sposo, napoletano e sopra le righe, un’altra donna innamorata pazza di Paolo, e ovviamente Paolo stesso: imbranato, indeciso, pauroso, che più vuol piacere ai suoceri e più fa, sempre, la cosa sbagliata in ogni momento; perfino, anzi soprattutto, quando crede di avere in pugno la situazione. Riusciranno i due colombi a farsi unire in matrimonio dal prete (un po’ troppo nervoso anche lui)?
Un primo, evidente riferimento del film di Genovesi è la trilogia di Ti presento i miei, anche se per fortuna si riescono a evitare le scivolate nel trash dei film con Ben Stiller e Robert De Niro. In realtà, se il modello non pare troppo alto, si pensa più volte anche a una commedia inglese (non a caso) come Quattro matrimoni e un funerale con Hugh Grant (imbranato quanto De Luigi), il punto iniziale ma anche il più alto (dopo ci sono state solo rimasticature meno riuscite) di un filone britannico nato sotto l’egida della mitica casa di produzione Working Title. Qui da noi, dietro al film, c’è invece la Colorado Film che ha prodotto tutti i film di Gabriele Salvatores (e realizza il programma tv Colorado Cafè), che ha allestito un cast sontuoso: accanto a De Luigi, la brava Cristiana Capotondi, l’esilarante Alessandro Siani (che dopo il successo di Benvenuti al Sud accetta, con intelligenza, il ruolo di spalla di lusso) e poi uno stuolo di grandi come lo strepitoso suocero Antonio Catania, la suocera Monica Guerritore, la toscanaccia Chiara Francini, la nonna Gisella Sofio… E, in un finale con un pizzico di romanticismo forse eccessivo, anche una coppia di cantanti che tengono testa anche come recitazione a questi attori come Andrea Mingardi e Arisa.
È chiaro: non ci sono troppi piani di lettura, non si vogliono neanche sfiorare accenti seri sul matrimonio e sulla famiglia (comunque non irrisa): al massimo c’è un pizzico di satira sociale su un gruppo di ricchi sull’orlo di una crisi di nervi; e su un’aspirante sposa che il (fallace) mito della perfezione di un uomo che perfetto non lo sarà mai. Ma chi non ha preclusioni contro una sana boccata d’ossigeno, e anzi cerca una comicità che non faccia vergognare di ridere di gusto, ha trovato il suo film.

Antonio Autieri