08 maggio, 2012

100 metri dal paradiso


Trama:
Monsignor Angelo Paolini (Domenico Fortunato) è profondamente convinto che la Chiesa debba 'aggiornare' il suo linguaggio per poter continuare a testimoniare la parola di Dio al mondo. Mario Guarrazzi (Jordi Mollà), suo caro amico d'infanzia, è invece un ex centometrista che, nella sua carriera, ha vinto tutto tranne la cosa più importante: le Olimpiadi. Un cruccio che ha segnato la sua vita e dal quale cerca riscatto attraverso suo figlio Tommaso (Lorenzo Richelmy), anch'egli ottimo velocista. La sua speranza si spegne, però, quando Tommaso gli rivela di non poter andare ai Giochi perché intende farsi frate. Per Mario è il tracollo! A ridargli speranza, paradossalmente, è proprio un'idea di Angelo che pensa di poter risolvere le proprie necessità e quelle dell'amico attraverso un progetto a dir poco sconcertante: mettere su la Nazionale Olimpica del Vaticano e partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012. L'idea, apprezzata dal Segretario di Stato (Mariano Rigillo), viene però bocciata dal diretto superiore di Paolini, Sua Eminenza Higgins (Ralph Palka), espressione dell'ala più tradizionalista della Chiesa. L'unico modo per andare avanti è quello di "aggirare" l'ostacolo. Inizia così la seconda fase del folle progetto. Reperire tra i religiosi di tutto il mondo ex sportivi da affiancare a Tommaso per costruire la squadra del Vaticano. E' il 27 Luglio 2012. All'apertura della XXX Olimpiade c'è, straordinariamente, anche la Nazionale del Vaticano...

Scheda:
Titolo originale:  100 metri dal paradiso
Nazione:  Italia
Anno:  2011
Genere:  Commedia
Durata:  101'
Regia:  Raffaele Verzillo
Sito ufficiale:   
Cast:  Domenico Fortunato, Jordi Mollà, Giorgio Colangeli, Giulia Bevilacqua, Ralph Palka
Produzione:  01 Distribution
Distribuzione:  01 Distribution
Data di uscita:  11 Maggio 2012 (cinema)

Orari:
Sabato 
 12 mag
no
Domenica 
 13 mag
 17,30 - 21,15
Lunedì 
 14 mag
 21,15



02 maggio, 2012

Romanzo di una strage


Trama:
Milano, 12 dicembre 1969. Subito dopo l'esplosione alla Banca Nazionale dell'agricoltura di piazza Fontana - che uccide 14 persone (salite a 17) e ne ferisce 88 - le indagini della Questura sono tutte orientate verso la pista anarchica. Il commissario Luigi Calabresi e i suoi superiori, Marcello Guida e Antonino Allegra, sono convinti della matrice anarchica della strage cosi come delle decine di bombe esplose in città negli ultimi mesi.
Fra i fermati c'e Giuseppe Pinelli, un anarchico non-violento che Calabresi stima e sa perfettamente estraneo alla strage. E invece arrestato Pietro Valpreda, un ballerino senza scritture, spesso in contrasto con Pinelli: il colpevole ideale, il mostro riconosciuto dal tassista Rolandi che l'ha accompagnato in banca pochi minuti prima dello scoppio.
Per ottenere da Pinelli la conferma della pericolosità di Valpreda, continuano a trattenerlo oltre i limiti di legge. Dopo 3 giorni di digiuno e insonnia, Pinelli precipita la notte del 15 dalla finestra dell'ufficio di Calabresi. Il commissario non e nella stanza ma - grazie ai goffi tentativi della Questura di giustificare l'accaduto - finisce per essere indentificato come il diretto responsabile.
A Treviso i giudici Pietro Calogero e Giancarlo Stiz - grazie alle rivelazioni di Guido Lorenzon - scoprono una galassia di giovani neonazisti senza partito e senza collare, pronti - di fonte alle lotte studentesche e operaie del '68/'69 - a gesti clamorosi. Pur coperti e infiltrati dai servizi segreti, alcuni di loro hanno lasciato tracce evidenti. Giovanni Ventura e Franco Freda vengono arrestati insieme ad altri complici.
Calabresi continua a indagare sulla strage. Ora dubita della sua matrice anarchica e pensa piuttosto a legami col traffico internazionale d'armi. Segue la nuova pista fino al Carso dove, due giorni prima di essere assassinato, scopre un deposito clandestino d'armi in uso anche ai neonazisti. Il 17 maggio 1972 Calabresi é ucciso sotto casa.

Scheda:

Titolo originale: Romanzo di una strage
Nazione: Italia
Anno: 2012
Genere: Drammatico
Durata: 130'
Regia: Marco Tullio Giordana
Sito ufficiale: www.corriere.it/romanzodiunastrage
Cast: Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Giorgio Colangeli
Produzione: Cattleya, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution

Orari:
Sabato 
 5 mag
no
Domenica 
 6 mag
 17,30 - 21,15
Lunedì 
 7 mag
 21,15


Recensione
[tratta da http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?ID=1777]

Marco Tullio Giordana è un regista che ama spesso rievocare pagine della storia italiana. In Maledetti vi amerò era l’inizio del terrorismo, in Pasolini, un delitto italiano il processo sull’omicidio Pasolini, in I cento passi (che lo segnalò come un regista ormai maturo), il delitto di Peppino Impastato da parte della mafia, in La meglio gioventù la storia di alcuni giovani e delle loro speranze nate negli anni 60 e le successive delusioni; infine, in Sanguepazzo, modesto melò con Zingaretti e Bellucci, la tragedia di due divi del cinema anni 40 compromessi col fascismo e uccisi dai partigiani. Ora il suo film forse più complesso e ambizioso, o quanto meno rischioso: in Romanzo di una strage si riapre la ferita di Piazza Fontana, ovvero l’attentato che il 12 dicembre 1969 a Milano fece morire, nella Banca dell’Agricoltura adiacente all’Arcivescovado e a due passi dal Duomo, 17 persone. Ma le vittime innocenti, si dice da tempo, furono 19: pochi giorni dopo, tra i tanti fermati tra i circoli anarchici, c’era il ferroviere Giuseppe Pinelli. Che dopo tre giorni di duro interrogatorio – si voleva sapere da lui se il colpevole fosse il sospettato Pietro Valpreda, che fu poi arrestato e, dopo vari processi, assolto solo dieci anni dopo – volò da una finestra della Questura: suicidio, malore o omicidio dei poliziotti? Se ne parla da 40 anni, anche se tutte le sentenze hanno escluso la terza, e più terribile ipotesi (puntando sul malore) e soprattutto hanno scagionato il commissario Luigi Calabresi, in quel momento non presente nella stanza in cui avvenne il terribile fatto. Nonostante ciò, da allora partì il linciaggio della sinistra contro Calabresi, in particolare di quella extraparlamentare a cominciare da Lotta Continua (ma seguita da ambienti “perbene”, soprattutto tra intellettuali, giornalisti e artisti); fu il commissario, ucciso nel maggio 1972, la 19ma vittima. 
Tutto questo lungo preambolo, a una recensione molto più lunga del normale per un film così complesso, per aprire il primo fronte critico: se Giordana finalmente certifica, da sinistra, l’innocenza di Calabresi (come gli ha riconosciuto il figlio Mario, direttore de La Stampa e autore del bel libro Spingendo la notte più in là), beccandosi per per questo le accuse dei nostalgici della teoria del commissario “torturatore”, dall’altra lascia molto sullo sfondo quel linciaggio, tanto da far pensare a chi non sa che l’omicidio fosse dovuto ai sospetti di Calabresi – che pure c’erano – su un possibile connubio tra neofascisti (Freda e Ventura, la cui colpevolezza emerse anni dopo le assoluzioni, non poterono più essere puniti), servizi segreti deviati e apparati dello Stato dentro il Ministero dell’Interno; con tanto di scoperta dell’esistenza di Gladio (che assurdità…). Quando invece le sentenze definitive, dopo le confessioni nel 1988 del pentito Leonardo Marino, portarono ad attribuire l’omicidio allo stesso Marino e al trio Sofri-Bompressi-Pietrostefani (di cui solo Sofri ha scontato interamente i 22 anni di condanna). Conseguenza di quella devastante campagna d’odio di cui fu fatto oggetto per la morte di Pinelli. Per chi non sa o non ricorda, il quotidiano di Sofri e C. scrisse: «Questo marine dalla finestra facile dovrà rispondere di tutto. Gli siamo alle costole, ormai, ed è inutile che si dibatta come un bufalo inferocito. Qualcuno potrebbe esigere la denuncia di Calabresi per falso in atto pubblico. Noi, che più modestamente di questi nemici del popolo vogliamo la morte...». E ancora:«Sappiamo che l’eliminazione di un poliziotto non libererà gli sfruttati. Ma è questa, sicuramente, una tappa fondamentale dell’assalto dei proletari contro lo Stato assassino».
Giordana invece, e questo è da apprezzare, non solo è netto sull’innocenza di Calabresi ma lo rappresenta come Pinelli, entrambi vittime innocenti – che pure nel frangente decisivo si trovano a scontrarsi, nonostante si stimassero a vicenda – e anche pedine inconsapevoli di logiche malate all’interno dei rispettivi “gruppi” (elementi deviati nella Polizia e nello Stato, anarchici violenti oltre agli infiltrati neofascisti tra di loro anarchici). E, in un’analisi schiettamente cinematografica, sono due personaggi resi al meglio da Valerio Mastandrea (la vera sorpresa del film, in un ruolo sobrio e mai sopra le righe, anche troppo secondo la vedova Calabresi) e da Pierfrancesco Favino, ancora una volta bravissimo. Ma sono tanti gli interpreti eccellenti: dalle rispettive mogli (bravissima Michela Cescon/Licia Pinelli, misurata Laura Chiatti/Gemma Calabresi), a Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro, e poi gli ambigui Giorgio Colangeli e Giorgio Tirabassi, l’onesto magistrato Luigi Lo Cascio, Thomas Trabacchi che fa il giornalista Marco Nozza (tra i più attivi nell’indagare per anni), e altri attori meno noti. Nota deludente, non tanto per l’attore quanto per la sorprendente banalità del tratteggio, è il grande Omero Antonutti che fa un Saragat banale e unidimensionale, e storicamente poco attendibile (ma è la colpa è di Giordana e dei suo cosceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia) 
Non è l’unica pecca del film, anzi: se la rievocazione visiva e narrativa è convincente e riesce a comunicare l’angoscia di un Paese sull’orlo di una guerra civile, che sprofondò pochi anni dopo negli anni di piombo con gruppi terroristici rossi e neri (ma sembra che nel ’68-’69 gli eversori fossero a destra, e invece c’è chi sognava la rivoluzione rossa con metodi violenti), Romanzo di una strage ha molti momenti didascalici, utili per chi non conosce fatti e personaggi ma stucchevoli per un pubblico avvertito;: quando non ridicoli e sommari, come certi riassuntini di momenti storici. In sintesi: affresco riuscito, ma con tanti dettagli poco curati e superficiali.
Ma a lasciare perplessi sono l’accumulo di tesi, giudizi e amnesie irritanti. Se la teoria del doppio attentato (uno di destra, mortale, l’altro anarchico e solo dimostrativo) ha fatto discutere moltissimo, e se in una storia così confusa certi dettagli sono impossibili da decifrare a chi non ha seguito minuziosamente un iter giudiziario così opaco, basta qualche conoscenza storica sommaria per demolire il ritratto come si diceva banale del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, che sembra quasi tentato da una strategia della tensione in virtù del suo viscerale anticomunismo (retaggio forse dell’antipatia per questo coraggioso uomo politico, che nel 1948 salvò l’Italia uscendo dal Partito Socialista filocomunista e alleandosi con il suo Partito Socialdemocratico alla Democrazia Cristiana); possibile liquidare così uno degli statisti principali, e sincero difensore della democrazia, che l’Italia abbia avuto? E anche la figura di Aldo Moro, nonostante la bravura “mimetica” di Gifuni, è viziata da troppo “senno di poi” (il futuro martire delle BR sembra già consapevole della propria futura tragedia). Soprattutto, Moro – qui visto quasi come un “progressista”, quando la “contestazione” del ’68 lo dipingeva come acerrimo nemico – è rappresentato come un politico un uomo alle soglie della disperazione, che auspica confusamente un’apocalisse italiana per ripartire da zero. Del suo reale pensiero e della sua fede cristiana, manco a dirlo, nemmeno un accenno.

Antonio Autieri